Diabete: pubblicati dati su sperimentazioni cliniche condotte in questi anni
14 Giugno 2016

La cura più efficace contro il diabete di tipo 1? Una terapia a base di una combinazione di agenti che rigenerano le ß-cellule del pancreas e farmaci immunomodulatori. Lo indica uno studio coordinato dal Prof. Paolo Pozzilli, Direttore del Laboratorio di Endocrinologia e Diabetologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, pubblicato sulla rivista Nature Reviews Endocrinology. La ricerca ha raccolto i dati sulle sperimentazioni cliniche condotte in questi anni e sottolinea che l’approccio terapeutico combinato potrebbe essere quello giusto e andrebbe, dunque, approfondito.

Il diabete di tipo 1, al contrario del tipo 2 che esordisce in età più avanzata, viene considerato ‘giovanile’ in quanto interessa, in un caso su due, ragazzi sotto i 20 anni. Una malattia autoimmune che si manifesta con la riduzione della produzione di insulina, effetto dovuto alla distruzione delle beta-cellule del pancreas da parte delle difese del nostro organismo. Solitamente, al momento della diagnosi, le ß-cellule risultano ridotte del 70-80 per cento, anche se il dato varia molto da paziente a paziente.

Non esiste al momento una vera e propria cura per questa patologia, che può comunque essere tenuta sotto controllo grazie alla somministrazione quotidiana di insulina. Da una decina di anni, però, i ricercatori stanno cercando delle terapie che consentano di risolvere in via definitiva il diabete di tipo 1. Due le ipotesi che hanno preso piede: i farmaci immunosoppressori che, contrastando le cellule immunitarie, prevengono la riduzione delle ß-cellule, e gli agenti in grado di ‘rigenerare’ le cellule del pancreas distrutte.

Per quanto riguarda le monoterapie e le combinazioni di farmaci immunosoppressori, gli studi condotti finora non hanno dato i risultati sperati.  Molto più promettenti, invece, i risultati delle sperimentazioni che hanno utilizzato agenti in grado di favorire la rigenerazione delle beta-cellule: i cosiddetti farmaci inibitori della pompa protonica, comunemente utilizzati come antiacidi, somministrati nei trials clinici insieme agli inibitori della dipeptidil-peptidasi, medicinali già in uso per il trattamento del diabete di tipo 1 Nonostante i risultati incoraggianti, tuttavia, questi protocolli per il trattamento del diabete di tipo 1 non sono ancora stati estesi all’uomo.

Secondo il prof. Pozzilli “dal momento che diversi studi hanno dimostrato come la riduzione del numero di cellule che producono insulina dipenda dall’età al momento della diagnosi, dall’indice di massa corporea, dal grado del controllo metabolico e dalla predisposizione genetica, i trials clinici dovrebbero essere personalizzati, almeno sulla base dell’età dei pazienti”.