Tumore alla prostata poco aggressivo trattabile con sorveglianza attiva
3 Giugno 2016

Il cancro alla prostata è la forma di tumore più diffusa in Italia. Solo lo scorso anno sono state registrate 35 mila nuove diagnosi. Di queste, il 40% (circa 10 mila) sono riferite a neoplasie di scarse dimensioni e aggressività, che potrebbero essere tenute sotto controllo attraverso la sorveglianza attiva. Negli altri casi, invece, risultano necessari interventi più radicali. Nel primo caso il carcinoma deve avere piccole dimensioni e una bassa aggressività biologica e i pazienti devono essere disposti a seguire scrupolosamente gli esami e le visite di follow-up per monitorare la patologia.

Questa opinione, condivisa da molti specialisti, è stata ribadita durante la terza Conference “Active surveillance for low risk prostate cancer”, realizzata a Milano dalla European school of oncology, con il supporto della Società italiana di urologia oncologica (Siuro).

Durante il convegno sono state presentate le ultime novità scientifiche in materia di sorveglianza attiva. In particolare, la Siuro ha illustrato i progressi registrati nel corso della ricerca “Siuro prias ita”. Si tratta del più grande studio internazionale su questo tema. È iniziato nel 2009 e in Italia è coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Finora ha coinvolto 850 pazienti, reclutati in dieci centri.

Il principale vantaggio della sorveglianza attiva consiste nell’evitare che i pazienti che possono farne a meno, subiscano trattamenti troppo invasivi, che potrebbero avere serie conseguenze sul loro benessere. La sorveglianza attiva rappresenta una nuova opportunità e modifica l’approccio tradizionale,  che prevede quasi sempre un trattamento radicale dopo la diagnosi del tumore. La sorveglianza attiva vale per tutta la vita o fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. Se la patologia cambia si interrompe il percorso osservazionale, per intervenire chirurgicamente in maniera tempestiva.